Lettera n. 3
docx | pdf | html ◆ article | correspondence, Italian, origin: 24. 2. 1977
  • in: Lettere a un amico, Bologna: Centro Studi Europa Orientale, 1979, p. 37–42

Lettera n. 3

Caro amico,

grazie per la lettera. L’ho letta con interesse e devo ammettere che ancora una volta mi ha ispirato. Se dovessi reagire subito a tutto quello che ho trovato in quest’ultima lettera (come del resto in ognuna delle precedenti) verrebbe fuori un piccolo libro. Ancora una volta, quindi, sceglierò solo qualcosa.

Hai dei dubbi se sia possibile armonizzare in un unico sistema giuridico il monopolio ideologico del marxismo-leninismo, garantito dalla nostra Costituzione nella politica culturale, nell’istruzione, nell’educazione e nell’insegnamento (Costituzione della ČSSR, art. 16, comma 1), con la libertà di pensiero, coscienza e religione, con la libertà di dare ai figli un’educazione morale e religiosa secondo le convinzioni dei genitori ecc., come è affermato nella Dichiarazione universale e in particolare nei Patti internazionali che, con la ratifica, sono diventati leggi cecoslovacche e parte integrante del nostro ordinamento giuridico (esattamente: tre mesi dopo la deposizione delle lettere di ratifica presso il segretario generale dell’ONU).

Non sono un esperto in materia giuridica e quindi esprimo solo il mio parere di uomo comune. So comunque che è sempre valido il vecchio principio giuridico secondo cui la legge più recente spiega e precisa tutte quelle più antiche. In altri termini: le leggi finora vigenti non possono essere interpretate in modo da violare o confutare quanto prescrive la legge nuova. Quindi ad esempio, nessuna disposizione legislativa, nemmeno la stessa Costituzione della ČSSR può essere interpretata in contrasto con il testo dei due Patti internazionali. Qualora si dimostrasse che il testo di alcune leggi è in contrasto con quelle nuove (ad esémpio con i due Patti) è necessario rinnovare queste leggi ed eventualmente sostituirle con altre. È quello, del resto, che il nostro stato si è impegnato a fare accettando e ratificando i due Patti. Ad esempio nell’articolo 2, comma 2 del Patto internazionale sui diritti civili e politici noi leggiamo: «Ogni stato firmatario del Patto, qualora non esistano già disposizioni legislative o di altro genere, si impegna a compiere tutti i passi necessari, in conformità con le proprie procedure costituzionali e con le disposizioni di questo Patto, per ratificare leggi o altre disposizioni necessarie alla piena applicazione dei diritti riconosciuti nel Patto». Il godimento di questi diritti può essere soggetto a restrizioni che devono essere fissate dalla legge e solo «compatibilmente con il carattere di questi diritti ed esclusivamente allo scopo di tutelare il bene comune in una società democratica» (Patto internazionale sui diritti economici sociali e culturali, art. 4). Certi articoli poi, neppure in situazioni straordinarie possono subire modifiche: è il caso ad esempio, dell’art. 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici che tu citi nella tua lettera (Vedi art. 4, comma 2 dello stesso Patto). Ne consegue dunque che il nostro stato si è impegnato a far valere pienamente il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione: «Questo diritto include la libertà di manifestare o di abbracciare la religione o la fede secondo la propria volontà e la libertà di professare la religione o la fede da solo o insieme ad altri, in pubblico o in privato, attraverso le pratiche religiose, il culto, l’osservanza dei riti e l’insegnamento».

Il comma 3 di questo stesso articolo 18 ricorda che «la libertà di manifestare la religione o la fede può essere soggetta solo alle limitazioni previste dalla legge e che si rendono necessarie per ragioni di pubblica sicurezza, di ordine, di salute pubblica, di morale o per tutelare i diritti e le libertà fondamentali altrui».

Le nostre leggi quindi, e proprio quelle approvate più di recente, garantiscono la libertà di manifestare la religione o la fede (questa formula è importante, perché ad essa possono fare appello anche i cristiani che non riconoscono il cristianesimo come una religione e anzi considerano la fede qualcosa che rifiuta ogni religiosità ed è volta altrove rispetto ad essa) anche attraverso l’insegnamento, sia per i bambini, sia per gli adulti. Questa libertà costituisce solo un caso particolare della generale libertà di espressione; il diritto alla libertà di espressione difende per ciascuno (secondo l’art. 19, comma 2 del Patto internazionale sui diritti civili e politici) «la libertà di comunicare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere senza riguardo a frontiere, oralmente, per iscritto, a mezzo stampa, tramite l’arte o con qualunque altro mezzo di sua scelta». Questo significa ad esempio che un poeta, uno scrittore, un pittore, uno scultore, un compositore oppure un suonatore, un autore, un cantante che siano cristiani, ma anche lo scienziato, il filosofo, e il teologo, quindi il laico come l’ecclesiastico, non solo hanno il diritto di partecipare come chiunque altro alla vita culturale (art. 15, comma 1 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali), ma hanno anche il diritto di manifestare la propria fede attraverso le proprie creazioni artistiche o i propri lavori scientifici o filosofici (e a maggior ragione quelli teologici) e di diffondere il pensiero cristiano e le informazioni sul cristianesimo con tutti i mezzi di loro scelta, quindi anche sotto la forma dell’insegnamento e dell’istruzione per i bambini e gli adulti. E i genitori hanno il diritto di assicurare ai propri figli l’educazione morale e religiosa secondo il proprio convincimento (art. 18, comma 4 del Patto internazionale sui diritti civili e politici; cfr. anche l’art. 13, comma 3 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali).

È quindi pienamente legittima e del tutto comprensibile la tua domanda su come tutto questo possa andare d’accordo con l’art. 16 comma I della Costituzione cecoslovacca.

Sta di fatto che l’articolo citato non parla affatto del dovere del cittadino di far sì che l’intera politica culturale in Cecoslovacchia, lo sviluppo della cultura, l’educazione e l’istruzione siano portati avanti «nello spirito della visione scientifica del mondo, il marxismo-leninismo»; anche in molti altri punti la Costituzione parla esplicitamente dei doveri dei cittadini e delle organizzazioni.

Il testo qui constata un fatto presunto: secondo quel che si dice è così come è scritto. Forse i giuristi direbbero che si tratta di cosa puramente formale che non ha carattere giuridico. Noi non vogliamo una forma di espressione di parte. Pertanto non c’è dubbio che il testo dell’articolo 16, comma 1 della Costituzione cecoslovacca non può essere interpretato in contrasto con i due Patti. Quindi se l’Assemblea federale ha approvato il testo dei Patti, se il presidente li ha ratificati entrambi e se finora nessuna contestazione è stata mossa da nessuna parte contro la ratifica, ne deriva che qualsiasi interpretazione dell’art. 16, comma 1 e dell’art. 24. comma 3 della Costituzione cecoslovacca che sia in contrasto con il testo dei Patti, che violi o attenui quanto è in essi prescritto, è contro la legge e viola la legalità socialista. Come tale – se si tratta di disposizione emanata da alcuni organi cecoslovacchi – va denunciata alla Procura generale per offesa a una legge costituzionale o ad altra legge dell’Assemblea federale. Se si tratta di azioni o disposizioni di organi e organizzazioni da cui vengono limitati oppure in altro modo violati i diritti dei cittadini sanciti nei Patti, ognuno ha il diritto di ricorrere al procuratore per accertare se queste procedure o queste disposizioni rispettano la legalità socialista; il procuratore è tenuto a fare questi accertamenti e ad informarne la parte ricorrente: l’evasione della pratica deve essere motivata. Questa motivazione va presentata entro due mesi. (Legge sulla procura della repubblica, art. 20, Raccolta delle leggi, parte 5, del 20 marzo 1970).

In altri termini: interpretare l’articolo 16, comma 1 e l’art. 24, comma 5 della Costituzione cecoslovacca nel senso che i genitori o i membri delle chiese, si tratti di laici o di ecclesiastici, non avrebbero il diritto di istruire e educare i propri figli in conformità alle proprie (dei genitori) convinzioni o alla propria fede, sia in pubblico che in privato, attraverso le pratiche religiose oppure nelle scuole o nelle comunità, nelle parrocchie o nelle famiglie; o interpretarlo nel senso che le chiese o le comunità religiose non avrebbero il diritto di istruire, formare, anche i propri membri adulti, anche qui sia attraverso le pratiche religiose oppure fuori di esse, nello spirito della religione, della fede o di altra convinzione; o interpretarlo nel senso che la chiesa non potrebbe organizzare corsi, ad esempio, per i giovani al di sotto dei 18 anni, oppure brigate di lavoro organizzate per i cristiani: oppure interpretarlo nel senso che nelle scuole e negli istituti di pedagogia (per non dire nelle scuole medie e superiori in genere) non dovrebbero essere ammessi i giovani che mostrano apertamente convinzioni diverse dal marxleninismo, oppure che gli insegnanti cristiani (o anche insegnanti con orientamenti diversi da quello marxleninista) non dovrebbero insegnare nelle scuole pubbliche e di stato, oppure che quando sono nell’insegnamento dovrebbero tener nascoste le proprie convinzioni e far finta di essere dei marxisti-leninisti; interpretare questo nel senso che l’arte cristiana (oppure un’arte non ispirata al marxismo-leninismo) non avrebbe diritto all’esistenza, alla pubblicazione e alla divulgazione o nel senso che un credente (oppure qualunque pensatore non marx-leninista), uno scienziato, o un filosofo non avrebbero il diritto di pubblicare le proprie opere se non dopo averle sterilizzate da ogni traccia della loro fede cristiana o di qualunque altro orientamento della vita e del pensiero che non siano marx-leninisti. Interpretarlo nel senso che le personalità cristiane o comunque non marxiste non avrebbero il diritto di prendere la parola alla radio, alla televisione e sui giornali e che i mezzi di comunicazione di massa dovrebbero essere esclusivamente a disposizione dei marxisti-leninisti; ecc. ecc.: tutto questo è ingiusto, non legale, calpesta i diritti e le libertà che il nostro stato si è impegnato a tutelare. Tutto questo va smascherato e denunciato pazientemente, dati alla mano, e i danni provocati devono essere rimossi e risarciti attraverso l’iniziativa dei cittadini e in collaborazione con le organizzazioni sociali (anche in queste c’è molto da riformare) e la procura della repubblica. Questo richiede molto lavoro e suscita malintesi, in quanto queste interpretazioni errate delle nostre leggi si sono annidate negli organi e nelle organizzazioni più disparate e ai più diversi livelli.

Ti saluto.

Praga, 24 febbraio 1977.